Il progetto raccontato da P. Franco....
“Il Ciad in ginocchio, il deserto lo assedia”… Gli uomini, dopo i raccolti (scarsi, quando ci sono), partono verso le città lasciando alle donne l’incombenza della famiglia e della nutrizione dei figli. Cercano di sopravvivere con gli orti. Le donne hanno infatti ‘scoperto’ dei fondi di terra fertile dove l’acqua non è troppo profonda e hanno costruito pozzi tradizionali per poter irrigare l’orto. I prodotti dell’orto permettono alla donna di nutrire la famiglia migliorando di molto il tenore nutritivo del cibo e in più le permette di commercializzarne una parte e di far fronte così ad altri bisogni famigliari.
Con l’introduzione degli orti la situazione è migliorata ma restano alcuni problemi tra i quali irrigazione: l’acqua viene raccolta con dei secchi dai pochi pozzi e in parte viene dispersa. Si cerca di costruire dighe nel tentativo di trattenere la poca acqua. Le recinzioni degli orti sono di arbusti spinosi sostenuti da pali che non riescono ad impedire agli animali di devastare le semine.
Il progetto si prefigge di aiutare ed appoggiare i gruppi femminili nella regione del Guerà nelle attività orticole fornendo un aiuto alle donne che sono rimaste sole a coltivare gli orti. I gruppi appartengono a due villaggi (Azi e Swiliwi) situati rispettivamente a 20 e 15 km da Mongo. Sono composti da 40 e 45 donne, possiedono un orto di un ettaro con pozzo tradizionale e recinto spinoso, entrambi problematici.